Un italiano su dieci circa soffre di obesità, uno su quattro è in sovrappeso e la situazione non è certo migliore negli Stati Uniti, dove ben il 25% degli americani risulta ‘oversize’ e, cosa ancor più preoccupante, è obeso un paziente su quattro che inizia la dialisi.
Carmine Zoccali, responsabile della Commessa di Reggio Calabria dell’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibim-Cnr) e direttore dell’Unità operativa di nefrologia e trapianto renale Ospedali riuniti di Reggio Calabria sottolinea che “oggi l’obesità è considerata la causa più frequente di insufficienza renale cronica, tanto che il rischio di contrarla risulta più che triplicato nei soggetti con obesità lieve (Indice di massa corporea, Imc, tra 30 e 35 Kg/m2) e addirittura sette volte maggiore in quelli con obesità severa (Imc maggiore di 40 Kg/m2). Nonostante la frequenza della malattia renale cronica legata all’obesità, la ricerca specifica sui farmaci che possono ridurre e/o prevenire il danno renale negli obesi è ancora molto limitata”.
In questo ambito di ricerca, il team dell’Ibim-Cnr di Reggio Calabria e i ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Bergamo hanno effettuato una nuova analisi dello studio Ramipril Efficacy in Nephrology (Rein) appena pubblicata sul Journal of American Society of Nephrology. Lo studio riguarda il ruolo del Ramipril, un inibitore dell’enzima che regola la sintesi dell’ormone angiotensina II, prodotto in larga preponderanza dal rene ma anche dalle arterie e dal cuore, fondamentale per il controllo del tono vascolare e del circolo renale.
“Alti livelli di angiotensina II possono determinare un aumento della pressione arteriosa e, al contempo, un’alta pressione di filtrazione nei glomeruli renali, una delicatissima e fondamentale componente microscopica dei reni”, spiega Zoccali. L’indagine ha analizzato i dati di un precedente studio randomizzato, placebo-controllo, che aveva esaminato gli effetti del Ramipril in 337 pazienti adulti di ambo i sessi, con malattie renali proteinuriche (presenza di proteine nelle urine) non correlate al diabete. La velocità di progressione di queste malattie e gli effetti del Ramipril sono stati poi confrontati nei pazienti obesi e in sovrappeso rispetto a quelli normopeso.
“Dalla ricerca è emerso che il Ramipril ha abbassato notevolmente il rischio di progressione verso la fase terminale dell’insufficienza renale in tutte e tre le categorie ponderali (normopeso, sovrappeso e obesità), ma l’entità della riduzione del rischio è risultata maggiore per i pazienti obesi, circa l’86% rispetto al 45% di quelli normopeso”, rileva il ricercatore dell’Ibim-Cnr. “Questa osservazione è importante in quanto, nei pazienti trattati con placebo, gli obesi erano proprio la categoria a rischio più alto di sviluppare nefropatia all’ultimo stadio, con un rischio più che doppio di finire in dialisi rispetto ai normopeso”.
Rimane ancora da dimostrare, conclude Zoccali, “se gli Ace-inibitori come il Ramipril hanno lo stesso effetto protettivo anche nei pazienti con più bassi livelli di proteinuria o in totale assenza, in attesa di conferma anche dei risultati della ricerca su studi effettuati in pazienti di altre etnie. È però confermato che l’uso del Ramipril e, probabilmente, l’uso di altri Ace inibitori non solo è in grado di ridurre la pressione arteriosa ma anche di correggere l’aumento della pressione di filtrazione a livello glomerulare, così risultando utile nel ritardare la progressione della malattia renale nei pazienti obesi”.
Fonte: molecularlab