Ai microfoni di MediaLive la dottoressa Elisabetta Falvo, ricercatrice dei laboratori dell’area di medicina molecolare dell’Istituto Regina Elena di Roma.
Dottoressa, voi siete un team di ricercatori giusto?
L’area di medicina molecolare è divisa in diversi laboratori e dipartimenti, nello specifico esiste un dipartimento di chemioprevenzione, diretto dalla dott.ssa Strano, che si occupa, principalmente, di valutare l’attività di alcuni composti di origine naturale. Nei nostri laboratori si studiano elementi come la melatonina, la metformina e la vitamina D, cercando di vedere l’attività di queste molecole sulle cellule come fattori di chemioprevenzione.
Parlando di questi elementi che voi state studiando, lei si occupa in particolare dello studio della vitamina D, perché questa potrebbe essere molto importante per la prevenzione della formazione delle masse tumorali?
Ci sono degli studi che hanno evidenziato come le persone che vivono in paesi dove è minima l’esposizione solare sono soggetti ad un’incidenza maggiore di tumori, tale fenomeno è correlato alla mancanza di vitamina D, poiché questa viene sintetizzata nel nostro organismo attraverso la semplice esposizione solare. Ad esempio, in Norvegia, si è rilevata una maggiore presenza di neoplasmi. Diversi studi osservazionali, quindi, hanno portato a cercare di capire il meccanismo per cui la vitamina D è coinvolta nella protezione dell’insorgenza del tumore.
C’è chi afferma, tuttavia, che una lunga esposizione al sole faccia male.
Questo discorso non è correlato con la vitamina D, anche perché per sintetizzare la vitamina D al nostro organismo bastano 10 minuti.
Ma la vitamina D è presente anche in alcune sostanze, vero?
Sì, in alcuni alimenti la ritroviamo, nell’olio di fegato di merluzzo, nei formaggi, nei latticini in genere. Un’opportuna alimentazione permetterebbe di assumerne il giusto apporto.
Ci sono dei test che permettono di valutare questo giusto apporto?
Attraverso una valutazione ematica della vitamina D si può stabilire, basta andare dal medico curante e fare un test i cui risultati potranno essere valuti dallo stesso.
La carenza di vitamina D quali neoplasie può fare insorgere?
Principalmente il tumore al colon, alla mammella, al polmone, ma può far nascere anche altri tipi di neoplasie; stiamo portando avanti degli studi in tal senso per comprendere su quali linee cellulari questa carenza va ad agire. In realtà la vitamina D interagisce con un recettore specifico che è presente su tutte le linee cellulari, il recettore viene definito come VDR e regola il ciclo cellulare, ne consegue l’importanza che questo funzioni bene. Infatti, se diamo apporto di vitamina D, ma il VDR non funziona bene insorgeranno ugualmente delle problematiche.
Ad oggi stiamo valutando il target molecolare del recettore della vitamina D, stiamo vedendo se è funzionante, se viene espresso in tutte le linee cellulari, se l’espressione viene indotta da alcuni fenomeni esterni. Nel caso di donne e di eventuali fattori esterni che potrebbero agire, ad esempio, sono in corso degli studi per capire se la presenza o meno di estrogeni, ormoni, può condizionare lo sviluppo di questo recettore.
Le donne in menopausa possono avere degli squilibri nei recettori?
Sì, perché è un discorso che riguarda gli estrogeni.
Esistono dei test per comprendere se il recettore in questione funziona bene o no?
Sì, esistono dei test per poter verificare la presenza o no degli estrogeni nell’organismo.
Quali sono le persone maggiormente a rischio?
Diciamo che la mancanza di vitamina D è stata correlata anche a malattie quali l’osteoporosi, il rachitismo, quindi, possiamo dire che tutte le persone con queste patologie sono soggetti maggiormente a rischio.
Ma tornando a parlare dei vostri laboratori, esattamente voi cosa studiate?
Esistono diverse linee di ricerca; da una parte si portano avanti le ricerche cellulari, in vitro, in cui testiamo l’attività della vitamina D sulla cellula in tempi diversi e con dosaggi diversi. Fatto questo, poi, valutiamo l’espressione di alcuni target molecolari che emergono a seguito del trattamento della cellula con vitamina D. Abbiamo notato, ad esempio, come bloccando la linea cellulare nel momento in cui il dosaggio non crea scompenso vengono regolati alcuni geni, mentre altri vengono repressi, invece quando inizia il fenomeno della apoptosi, una forma di morte cellulare programmata, vengono attivati altri geni ancora. Diciamo che, nel nostro laboratorio, stiamo accumulando dati per definire eventuali biomarcatori nella diagnosi del tumore oppure per poter curare precocemente l’effetto finale della vitamina D, tutto insomma per capire i meccanismi che regolano la vitamina D. Dall’altra parte si fanno valutazioni sull’integrità del recettore della vitamina D, si osserva se delle modifiche molecolari sul quel recettore possono andare per un paziente, in questo caso, infatti, parliamo di ricerca traslazionale, se queste modifiche possono creare una maggiore o minore aggressività dei tumori. Esistono, infatti, dei tumori più o meno aggressivi, basti pensare al cancro alla mammella; questa minore o maggiore aggressività può essere correlata ad un deficit del recettore della vitamina D. In questo momento abbiamo un trials su delle pazienti, circa 700, che hanno avuto un tumore alla mammella. Ad alcune di queste pazienti viene data la vitamina D, ad altre un placebo, e nel corso degli anni a venire si osserverà l’insorgenza o mano di una nuova recitiva nelle une e nelle altre, per stabilire se la vitamina D ha o meno un effetto di chemioprevenzione.
Un anno fa esatto abbiamo avuto il piacere di ospitarla già nei nostri studi per parlare di ricerca, da allora ci sono stati dei passi avanti?
Sì, ma sono in corso di valutazione.
Valutazioni che si basano su dati statistici giusto?
Sì.
Prima abbiamo parlato dei recettori, quanto eventuali mutazioni del DNA possono agire sul cattivo funzionamento di questi recettori?
Queste possono influenzare molto il DNA, se, ad esempio, la vitamina D non riesce ad interagire con il recettore a causa di una mutazione che non fa sintetizzare bene si crea uno scompenso che può comportare tutta una serie di fenomeni.
In questi giorni, su Roma è passata la nube radiottiva di Fukushima, tutti dicono che non è un problema, ma la radiottività può modificare il DNA?
Sì, sicuramente sì, dipende dal dosaggio a cui sono esposte le persone, ma a lungo andare può essere un pericolo, il DNA può subire danni irreparabili.
Il tumore si sviluppa a causa di una serie di concause e non subito, vero?
Certo.
I vostri studi dovrebbero prevenire i guai che stanno arrivando?
Sì.
I tempi per ottenere dei risultati?
I tempi dipendono dal numero e dagli esperimenti che si riescono a fare. Bisogna avere dei grandi numeri per ottenere un dato significativo, per quanto concerne la vitamina D speriamo di avere dei tempi brevi, la sperimentazione in corso sui pazienti a cui viene somministrata, di cui parlavo prima, è iniziata un paio di anni fa e dovrebbe concludersi entro i cinque anni dall’avvio.
Dottoressa Falvo da quanti anni lei è ricercatrice?
Da 10 anni.
Quando parlano dei vari calciatori e dei loro guadagni lei cosa pensa?
Che è un’altra tipologia di vita.
Non pensa che ci vorrebbe più equilibrio tra quel mondo e il suo?
Certo.
Quante ore lavorate al giorno?
Dalle otto alle nove ore, a volte anche di più.
Perché ha scelto di fare la ricercatrice?
Per l’idea di poter aiutare la gente.
E’ possibile vedere il video dell’intervista alla dottoressa Falvo cliccando su: