Dopo il disastro in Giappone e l’ipotesi di disastro ambientale- nuclearre, riproponiamo l’intervista realizzata tempo fa alla dott.ssa Catalina Curceanu, ricercatrice dell’Istituto di Fisica Nucleare di Frascati. Mai come oggi un paese debba pensare ad opzioni diverse dal nucleare stimolando e finanziando la ricerca. Bisogna uscire dal nucleare e trovare nuove forme energetiche pulite e sicure. Sono convinto che ciò sia possibile con Governi veri, desiderosi del bene dell’umanità, capaci di mettere risorse a disposizione della ricerca scientifica,essere indipendenti dalle multinazionali assatanate di soldi a scapito dell’umanità. Siamo tutti in gioco: anziani, professionisti, bambini, giovani, casalinghe, operari, disoccupati, studenti……In gioco per la nostra vita, per il futuro del pianeta, per il futuro dell’umanità. Forse già è troppo tardi, forse è ancora possibile fare qualcosa. Il primo punto è liberarsi da gente che ha occupato la politica per propri interessi o al servizio di multinazionali. Lo possiamo fare sapendo che siamo tutti in pericolo, nessuno escluso.
Per il format “New Life 2012” abbiamo il piacere di avere come nostra ospite, ancora una volta, la dott.sa Catalina Curceanu, ricercatrice dell’Istituto di Fisica nucleare di Frascati.
Oggi dottoressa parleremo con lei di un argomento che esula un po’ da quelle che sono le sue competenze specifiche, ma che, sicuramente, è di stringente attualità e interesse per molte persone, ovvero le risorse energetiche, ad oggi, quali sono le principali fonti energetiche che vengono utilizzate ?
Ad oggi, le fonti di energia che utilizziamo hanno, per lo più, una provenienza di natura fossile, carbone, petrolio e gas , soprattutto in Italia. A queste, poi, dobbiamo aggiungere quelle provenienti dall’ energia nucleare, sia a livello mondiale che europeo, e quelle, una piccola percentuale, derivanti dalle energie rinnovabili, idroelettrica, geotermica e solare, per finire una piccolissima percentuale è data da quelle ottenute grazie alle più attuali ricerche in campo energetico.
Secondo lei, da qui a trent’anni, si arriverà a scoprire la panacea per risolvere il problema energetico?
Direi che non arriveremo ad avere una sola soluzione che risolverà il problema energetico, ma piuttosto un cocktail di soluzioni.
Tornando alla prima domanda, secondo lei fra le fonti di energia che ha citato, quale sarà quella che avrà un’importanza maggiore nei decenni a venire?
Per parlare dei prossimi decenni dobbiamo tornare ad oggi, e anche alla sua domanda su una possibile panacea. Parlando dell’Italia, nello specifico, va detto che per il nostro Paese la situazione non è rosea, poiché non si sta studiando il futuro del problema energetico in maniera positiva, nel senso che il futuro del problema, a medio termine, 20-30 anni, e a lungo termine, 50 anni e oltre, non è affrontato in maniera seria, la soluzione dei nostri problemi è lontana dall’essere trovata visto che non viene nemmeno cercata. Tornando, invece, al cocktail italiano, l’Italia nel quadro europeo si presenta come un caso abbastanza particolare, non tanto per la mancanza assoluta di energia nucleare, quanto per il fatto che importa circa l’ 84% delle fonti energetiche, dal petrolio, al gas, al carbone. Questa situazione di dover dipendere da altri paesi risulta essere un prezzo da pagare sia in termini economici che politici, mettendoci in balia di eventuali fermenti e problemi. Questo, inoltre, ci pone in competizione con i paesi emergenti, quali Cina e India, che giustamente vogliono la loro parte di mercato.
Quindi, secondo quanto lei ha affermato, anche tra 30-40 anni, l’Italia resterà sempre dipendente da altri paesi?
Sì, l’ Italia resterà dipendente dalle importazioni, soprattutto quelle fossili, ma anche da quelle dell’energia nucleare che importa per il 14%, principalmente dalla Francia. Parlando di quest’ultimo tipo di energia, c’è chi vorrebbe aumentarne l’importazione, ma, ad oggi, questo non è possibile poiché mancano le linee di trasporto che permettano di trasferirne di più. Ovviamente questo dell’importazione non è solo un problema italiano, anche altri paesi importano, solo che lo fanno in percentuali minori.
Il problema di una così ampia dipendenza di importazioni, unita alla recente crisi che ha peggiorato la situazione, ha portato a proporre di costruire 5 centrali nucleari in Italia. Questa strategia, però, guardando al futuro non paga, secondo lei cosa si potrebbe fare?
Io non ho la soluzione, ma, sicuramente, posso esprimere la mia opinione su questo argomento, prima di tutto, a mio avviso, bisognerebbe fare un piano serio che guardi al futuro in maniera adeguata, ovvero, che non consideri solo l’aspetto della legislatura in materia, cosa che , invece, si tende a fare in questo momento. Ad oggi si tende ad andare avanti guardando al passato verso quello che è un futuro incerto, non solo a causa dell’esaurimento delle risorse energetiche, ma anche a causa dei problemi di inquinamento di alcune fonti energetiche. A mio avviso, quindi, l’Italia dovrebbe affrontare il problema nei diversi campi, da quello dello sfruttamento a quello dell’utilizzo dell’energia. Il cocktail dei prossimi 30 anni non potrà cambiare di molto, tuttavia è auspicabile un piano serio che tenga presente anche l’energia nucleare con i beni e i mali che comporta, questa è un’opzione seria per il futuro. Parallelamente a questo piano, però, è importante continuare la ricerca, anzi ampliarla a partire dalle scuole, così che le nuove generazioni siano formate ad affrontare il problema avendo anche delle basi scientifiche e non solo l’impulsività emotiva a guidarli; questo , a mio avviso, è un altro caposaldo se si vuole affrontare seriamente il problema.
Abbiamo parlato di energia nucleare, fossile, rinnovabile e di formazione, secondo lei abbiamo dimenticato qualcosa?
Non abbiamo parlato degli ultimi ritrovati della ricerca in questo ambito e di risparmio energetico, ovvero di investire in apparecchiature che fanno le stesse cose rispetto ad altre, ma con un risparmio energetico maggiore. Tornando alla ricerca, le risorse fossili prima o poi si esauriranno, bisogna studiare, quindi, affinché le centrali che le utilizzano abbiano una miglior efficienza a fronte di un minor inquinamento. Altra strada percorribile sarebbe quella di utilizzare quei petroli, quegli oli inizialmente scartati perché considerati troppo cari; in un futuro questi, per esempio le sabbie impregnate di petrolio, potrebbero rappresentare una soluzione. Altro tipo di ricerca è quella che riguarda le sorgenti rinnovabili, nonostante l’Italia non abbia investito molto in questo settore, è fra le prime in Europa per lo studio dell’idroelettrico. Da questo punto di vista, quindi, è all’avanguardia, ma lo era già 100 anni fa. Per quanto concerne, invece, l’energia solare l’Italia ha perso un treno, anche rispetto a stati che hanno molto meno sole di noi, come la Germania per esempio, anche se ci stiamo riavvicinando a questi paesi, con una ricerca di punta soprattutto nello studio dei materiali.
Nei prossimi 50 anni con il solare, secondo lei, si potrà arrivare ad una produzione energetica del 10%?
Già nei prossimi 20 anni potremmo, ma tutto dipende da quale sarà la politica degli investimenti.
Parlando, invece, di nucleare quale potrebbe essere il suo apporto di energia, il 5%?
Prima di iniziare a parlare di nucleare in Italia bisogna tenere presente che nel nostro paese questo è un tema abbastanza delicato, per una questione di morale, visto l’impatto che ha il nucleare sulla coscienza collettiva degli italiani. Ma tornando all’oggettivo, si potrebbe arrivare ad una produzione del 5-10% del fabbisogno nazionale, ma bisognerebbe partire subito, con una politica nazionale; secondo me, non può essere delegata alle regione la decisione sul nucleare.
Oggi noi di che centrali nucleari possiamo parlare?
Oggi, diciamo che a livello di costruzione si può parlare di terza generazione e terza più. Si parla anche di quarta generazione, ma a livello di costruzione, a oggi, questa non esiste; esiste, invece, a livello di ricerca e sviluppo, però, perché diventi possibile costruire questo tipo di centrali bisognerà aspettare almeno 30 anni.
Che importanza riveste la ricerca in questo settore?
La ricerca è fondamentale, non solo nel nucleare, ma per arrivare a scoprire altri tipi di sorgenti di energie, per esempio i legami dei quark nei nucleoni, parlando per assurdo; quindi, investire non solo nella ricerca applicata, ma anche in un tipo di ricerca fondamentale, quella che ci permette di conoscere la natura.
Senza un piano energetico si rischia di diventare un paese del terzo mondo?
Sì, c’è la necessità di un piano energetico consapevole, serio, di media-lunga durata che vada al di la della legislatura. Non dobbiamo dimenticare che l’Italia era all’avanguardia negli anni 50-60 nella ricerca energetica, Enrico Fermi fu il primo a costruire la pila nucleare, dobbiamo riacquistare quel ruolo, tornare ad essere tra i primi.
Dottoressa per adesso la ringraziamo, ma prima di salutarci voleva consigliarci dei libri, vero?
Certo, il primo è un libro molto bello di Piero Angela e Lorenzo Pinna “La sfida del secolo” , che tratta appunto del problema energia, il secondo, invece, è un libro che vi consiglio come lettura estiva, un giallo matematico di Marcus De Sautoy “L’enigma dei numeri primi”.
E’ possibile vedere il video dell’intervista su link: ItaliaLiveTube
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